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TRAMA
La storia di Fred, agente speciale della narcotici, a cui viene assegnato il compito di videosorvegliare un sospetto tossicodipendente, Bob Arctor, che altri non è che Fred stesso._x000D_
RECENSIONI
Tratto dall'Oscuro scrutatore di Philip K.Dick, opera sfacciatamente autobiografica sul rapporto tra autore e droga, A scanner darkly cancella i dati di critica ed analisi sociale appartenenti esclusivamente agli anni in cui il romanzo è stato scritto e, decisamente fedele, si concentra sulla riflessione riguardo il concetto di identità: un uomo, l'agente Fred, costretto dal proprio ruolo istituzionale ad indagare su si stesso, Bob A(r)ctor, animale del ceto medio gettatosi nel tunnel della sostanza M, affettuosamente definita Morte. La via su cui si declina il tema principe è quella di una duplicità (prima/dopo, ruolo istituzionale/ sociale, sanità/alterazione, verità/menzogna) i cui confini si sfaldano, si confondono, in un costante (presunto) senso di paranoia e dispersione, che trova nel ricorso alla (antica di 80 anni) tecnica del Rotoscope un coerente supporto sia estetico, con quei contorni indefiniti che racchiudono i personaggi, sia concettuale, ulteriore rivestimento dell'identità attoriale. Linklater continua comunque a propinare un cinema di parola, i cui esistenzialismi trovano buon appiglio nello sviluppo tramico, e la cui loquacità risulta perfettamente adeguata nel riportare le deliranti derive dei dediti alla sostanza M, ma che sottolinea eccessivamente la ricerca di una riflessione filosofica, rischiando (come accadeva in Waking Life) di lambire l'imbarazzante passando per l'ostentato. Troppo poco coinvolgente per ambire alla definizione di trip, nonostante la scena iniziale in focalizzazione interna ne dichiari l'intenzione, paradossalmente A scanner darkly trova, in questa sua superficialità emotiva, un indistinto motivo di fascino: nel finale la mancanza di una vera catarsi restituisce al convergere dei binari del bene e del male sotto il controllo del Potere un'aura di perturbante e rassegnata banalità che, decisamente inquietante, rimane negli occhi ormai stanchi dello spettatore