TRAMA
Un sarto a Panama diviene con iniziale riluttanza l’informatore di un agente segreto al servizio di Sua Maestà.
RECENSIONI
Ne Il sarto di Panama Boorman sceglie Pierce Brosnan per l'evidente valore iconico (non vuole solo un attore, ma l'attuale James Bond), per farne uno 007 al contrario (furbo, maligno, truffaldino) e ne mantiene il fascino seduttivo, ma solo per giocarci sopra (la sequenza dell'amplesso a ritmo caraibico, da applauso). L'intrigo (l'opposizione silenziosa) non esiste, è inventato per giustificare sia l'esborso di quei soldi che saranno alla fine rubati da Brosnan, sia il film stesso (il macguffin!). In una scena chiave l'agente sbruffoneggia bondianamente aprendo una cassaforte col solo ausilio del suo orecchio sopraffino per poi candidamente confessare che la stessa era già aperta (è una precisa sintesi della teoria messa in campo dal regista). Rush prende la pistola dell'amico suicida e ci si aspetterebbe che la usi contro Brosnan fuggente ma questo non avviene: il film propone un luogo comune narrativo (recupero casuale di un'arma che salterà fuori al momento opportuno), ma in realtà lo suggerisce al solo scopo di smentirlo (errore credere che si tratti di un passaggio a vuoto). Quanto detto vale per tutto il film, che è un continuo proporre parametri per rovesciarli nel senso e nei toni (il vertice militare gioca su un registro parodistico da commedia demenziale). Si tratta di un'operazione cosciente, di una consapevole rimescola di topoi e generi, di una sottile riflessione metacinematografica (il riferimento a Casablanca come destinazione di una missione spionistica è in realtà il richiamo preciso a un luogo cinematografico come ci dirà anche la successiva esplicita profanazione di un suo noto passaggio dialogale) operata con ironia, senza gratuità e con rara sottigliezza. Il film però non si esaurisce in questo: per quanto possa apparire agli occhi di un lettore attento e smaliziato come il saggio su un genere e come rilettura dissacrante dei suoi canoni non perde, dall'altra parte, il suo valore di opera di denuncia; Il sarto di Panama, insomma, nonostante la complessa costruzione mantiene le caratteristiche di film politico, impegnato, ferocemente antiamericano (e la presenza di Harold Pinter, uomo di sinistra, notoriamente schierato e conclamatamente polemico nei confronti della politica estera degli USA è un ulteriore elemento per una corretta lettura in controluce della pellicola anche da questo punto di vista). Temo [e molto ci sarebbe da dire sui temi e gli spunti che offre questo film in cui si trova tutto, microcosmo e macrocosmo, e non sottovaluterei, in questa chiave, la perfetta prova di attori tutti perfettamente in meta-parte) che intorno alla pellicola di Boorman si stia ingenerando un equivoco alla Mission to Mars, altro sottovalutatissimo film saggio.
Non credo che ci sia solo un modo di leggere un film (quello più usato è quello della coerenza narrativa e del tornare al pettine di tutti i nodi ma, lo ha detto anche di recente Roger Odin, esistono, oltre a quello, diversi livelli di coerenza): col lettore cambia la lettura e più livelli si prendono in considerazione più si giunge in profondità.