TRAMA
Claudia, trentenne, lavora in una agenzia di viaggi e la sera studia russo. La sua vita si svolge con una continuità abitudinaria a cui lei non oppone resistenza. Una sera al corso di russo si presenta un nuovo insegnante di origine ucraina: Boris, di bell’aspetto e dall’aria intelligente. Tra Boris e Claudia si stabilisce poco a poco una certa attrazione. La scuola finisce e l’avvicinarsi dell’estate, spinge Claudia a progettare una vacanza in Grecia con l’amica Sonia e il fidanzato di lei. Una sera di fine luglio ritorna a farsi vivo Boris, che in realtà va a trovarla con uno scopo preciso: deve trovare un posto dove sistemare una “cugina” che è venuta dall’Ucraina a cercare fortuna._x000D_
RECENSIONI
"Amo l'Italia per Leonardo, Michelangelo e ... Armani!". Questa battuta, pronunciata con candore da un'immigrata ucraina, sottolinea, nell'interessante opera seconda di Marina Spada, come l'Italia sia ancora un miraggio lontano per tantissimi cittadini del mondo alla ricerca di una vita migliore. La regista sfrutta al meglio il mezzo digitale, coadiuvata da una fotografia, di Sabina Bologna e Giorgio Carella, finalmente efficace nonostante i limiti del budget (ridotte al minimo le sgranature e il buio indistinto delle sequenze notturne). Milano esce così dall'immagine tutta modelle e uomini d'affari di "città da bere" per diventare un non-luogo simbolo di tutte le metropoli, permeata da un'atmosfera rarefatta in cui il ritmo della vita non va sempre di pari passo con il livello di gratificazione personale e dove una moltitudine extra-comunitaria invisibile ai media (se non per qualche articolo di cronaca nera) affolla sempre più le periferie degradate. La giovane protagonista è una ragazza come tante, intorpidita da un'apatia che la pone in un limbo dove non sembra esserci spazio per l'entusiasmo. L'incontro con un ucraino, professore di russo, e con la sua presunta cugina, finirà per creare in lei una nuova consapevolezza. La regia della Spada, attenta alla gestione degli spazi e alla felice commistione dei suoni, riesce a dare corpo alla progressione del racconto e alla maturazione della protagonista. Nessuna criptica metafora, niente simbolismi didascalici, facili morali o ovvie grevità, ma la rigorosa messa in scena di una quotidianità tanto "normale" quanto schiacciante. La forza della sceneggiatura è nella cura con cui le situazioni vengono dettagliate (non ci sono salti logici o passaggi dati per scontati) e nella spontaneità dei dialoghi. La rigidità dell'interprete Anita Kravos finisce per conciliarsi con gli spigoli della protagonista Claudia.
