TRAMA
Le “Charlie’s Angels” sono tre belle ragazze al servizio di un misterioso miliardario che gestisce un’agenzia investigativa tramite il fedele luogotenente Bosley. Devono indagare sul rapimento di un genio informatico che ha creato un potente software in grado di riconoscere le voci. Ma le indagini porteranno a scoprire un piano ben piu’ pericoloso.
RECENSIONI
E' vago il ricordo televisivo del trio di belle ragazze a caccia di criminali. Ricordo pantaloni a zampa di elefante, qualche mossa di karate ma senza sgonfiare la pettinatura, molti travestimenti per infiltrarsi nel mondo del nemico, il fido Bosley unico collegamento con il miliardario datore di lavoro, e un citofono poggiato sulla scrivania da cui le tre ricevono istruzioni per le loro indagini. La domanda, comunque, era piu' che altro una: ma su cosa sono sedute nel logo della sigla?
Di tutto questo, nell'esordio al cinema del regista di video musicali McG, resta la superficie, rinforzata da dosi di testosterone visivo che trasformano le tre protagoniste in eroine da fumetto. L'inizio sembra un trailer e il seguito pare un accostamento di videoclip senza un filo logico. La sceneggiatura praticamente non c'e' e tutto e' giocato sul ritmo e sulla spettacolarita' dell'azione. Azione che, pero', non avendo una causa scatenante e nemmeno un punto di arrivo, e' priva di qualsiasi mordente e azzera ogni interesse diventando ripetitiva e monotona. Il pregio del film e' di non prendersi mai sul serio e di esagerare volutamente i personaggi e le situazioni, ma il risultato e' una parodia demenziale che, tra l'altro, diverte solo in due o tre gag azzeccate. Le protagoniste hanno verve ma sono caratterizzate in modo basico, i combattimenti devono tutto all'estetica di "Matrix", la musica e' sempre adatta e al momento giusto e la regia sembra preoccupata di sfoderare continui virtuosismi tecnici. Alla base, pero', non c'e' una storia da raccontare e nemmeno una serie televisiva da celebrare, ma un pubblico MTV da soddisfare per un consumo immediato e senza alcun retrogusto.
E se di celebrazione si vuol parlare, e' piu' che altro quella di un vuoto. Un vuoto innocuo, forse, ma ben lontano dai sogni.

Il recupero del serial omonimo di Aaron Spelling (qui produttore esecutivo) è all’insegna di una felice infedeltà: più parodia che aderenza fan-atica (ma la trama si ispira a un episodio della serie Tv, ”Angeli in catene”), questo progetto fortemente voluto da Drew Barrymore lascia intatti i segni, li canzona (lo “scuotere i capelli” al ralenti delle bellissime) e si dedica all’azione pura dovendo molto ai film clowneschi di Jackie Chan fra kung fu e mirabolanti piroette (a riprova: qualche ciak sbagliato nei titoli di coda). In un mix rischioso, che comprende sequenze spettacolari, Mission: Impossible e tanto James Bond, tiene tutto miracolosamente in piedi la regia di McG, alias Joseph McGinty Nichol, all’esordio dopo un’onorata carriera nei video musicali: non solo spara un soundtrack da urlo che diventa comprimario, cool ed energetico, ma possiede un senso del ritmo nell’inquadratura e nel montaggio che trasforma ogni sequenza in una “coreografia” deliziosa, buffa e adrenalinica. Complimenti anche agli sceneggiatori (fra cui, non a caso, l’Ed Solomon di Men in Black) per certe idee brillanti (l’incontro di sumo fra Bill Murray e Tim Curry; il personaggio stralunato di Tom Green) e al fondamentale apporto di attori scaltrissimi (Crispin Glover e i citati Murray & Curry).
