TRAMA
Sulle tracce di un gerarca nazista, un agente dei servizi segreti israeliani si finge guida turistica per avvicinare un giovane tedesco, nipote del ricercato.
RECENSIONI
Olocausto e kamikaze, ricordi dolorosi e rabbiosa incomunicabilità, (ri)sentimenti e ripensamenti, eterosessuali insicuri e omosessuali fiduciosi, razzismo più o meno trasparente e grandi speranze da coltivare con cura: in CAMMINANDO SULL’ACQUA c’è (di) tutto, tranne il cinema. Eytan Fox, già autore di YOSSI & JAGGER [dopo questa visione non sento il bisogno di colmare la lacuna (se mai l’ho sentito)], confeziona un florilegio di sciatte cartoline (nella prima parte da Israele, nella seconda dalla Germania) malamente incollate le une alle altre da dialoghi semplicemente allucinanti (non è da escludere che il doppiaggio, che comme d’habitude spazza via ogni differenza tra ebraico, tedesco e inglese, giochi un ruolo determinante in tal senso). I personaggi si vorrebbero universali e sono, dai protagonisti ai comprimari, maldestri stereotipi alle prese con goffissime metafore (i guai oculistici di Eyal, specchio dell’incapacità di esprimere le emozioni; la passeggiata del titolo, invito alla riscoperta della pace, interiore e non), solo sporadicamente coinvolti in immagini dotate di un minimo di fascino (Eyal e Axel in riva al mare, sagome nere contro un fondale chiaro: la medesima configurazione torna nel momento in cui Eyal e Pia sono fermi di fronte al Muro del Pianto, la rima cromatica essendo la sola scusa passabile, seppur insufficiente, dell’affrettato finale matrimoniale). Macchina a mano effetto maremoto, trovate da clip squattrinato (l’incubo con bambino in lacrime e suicida in négligé) e ammiccamenti che neanche Ozpetek nei suoi momenti più fiacchi (la doccia, le chiacchiere al bar), umorismo dozzinale (e non un cenno d’ironia), una petulante colonna musicale a base di pop (anche d’altri tempi). Più che un melting pot, un’accozzaglia del peggio di vari generi (buddy movie, spy story, docudrama): stile zero, profondità idem, cast potenzialmente interessante dissennatamente sprecato. Un’opera da festival (Berlino e Toronto 2004), ma di quelle orrende.