Avventura, Recensione

HAWAII

TRAMA

1820: missionario del New England, Abner Hale raggiunge le isole Hawaii con la moglie nell’intento di convertire i nativi. Troverà molte resistenze, fra le tradizioni “pagane” degli isolani e le proteste dei marinai che non desiderano vedere modificata la libertà nei costumi sessuali delle donne.

RECENSIONI

Era un tema presente anche nel precedente Gli Ammutinati del Bounty di Lewis Milestone (quello con Marlon Brando) ma il romanzo-fiume di James Michener da cui è tratto porta alle estreme, violente conseguenze lo scontro fra culture diverse, fra etnocentrismo occidentale e mito del buon selvaggio. Non era facile condensarlo: ne sa qualcosa lo sceneggiatore Daniel Taradash, che aveva iniziato a lavorarci nel 1960 per Fred Zinneman, e poi rinunciò lasciando il posto a Dalton Trumbo. Sia il director’s cut di 189’ che la versione circolata al cinema di 171’, hanno finito per coprire solo un terzo delle pagine originali: in seguito, quasi tutte le emittenti televisive hanno adottato una versione da 151’. L’esposizione è, quindi, inevitabilmente frammentaria ma comunque dotata di pagine d’effetto, soprattutto quando vengono sottolineate l’intolleranza delle religioni che pretendono la conversione degli “esseri inferiori”. George Roy Hill, licenziato prima del montaggio, ama i finali “ribelli”, specchio degli anni della Contestazione, in un’opera da riscoprire, che ha avuto anche un seguito (Il Re delle Isole, 1970) diretto da Tom Gries.