TRAMA
1920, al confine tra Messico e Belize. Nel cuore della giungla maya, un territorio senza legge dove abbondano i miti, un gruppo di uomini addetti all’estrazione della gomma si imbatte in Agnes, una misteriosa giovane beliziana. La sua presenza scatena una serie di tensioni tra gli uomini, accendendo le loro fantasie e i loro desideri. Mossi da nuovo vigore, gli uomini affrontano il loro destino, ignari di avere risvegliato Xtabay, un essere leggendario che si cela nel cuore della giungla.
RECENSIONI
Negli anni 20 del secolo scorso, nella giungla che confonde il confine fra Messico e Belize, un gruppo di uomini si sposta fra la vegetazione, incidendo le cortecce degli alberi per raccoglierne la gomma. Sono violenti, elementari, terreni. Si imbattono, di fatto rapiscono, la misteriosa Agnes, bellissima vergine mulatta vestita di bianco, in fuga dal padrone inglese che lungo il fiume la cerca assetato di vendetta. Ma una voce tremante, fuori campo, in lingua maya, ci mette in guardia, spaventata. Ci avverte che dovremmo avere paura. Il desiderio sessuale si fa palpabile, morti oscure si susseguono fra le fronde. Versi di animali selvatici, minacciosi. È il risveglio di Xtabay, feroce demone femminino che si annida nel cuore della foresta. Opera sensoriale, sospesa e sensuale, nel solco di un certo cinema sudamericano di oggi, Selva trágica è sufficientemente audace da suscitare un suo brivido speciale, un suo incanto particolare e pericoloso. La narrazione è solo un filo, una sensazione, un’attesa. La selva la incornicia, sprofondandola in un abisso preistorico, mitologico, un teatro ancestrale in cui mettere in scena l’opposizione cosmica fra i sessi, uomo e donna, maschio e femmina. La foresta abusata e il corpo violato di Agnes diventano un’unica entità, terrificante, pronta a chiedere riscatto: il panico percorre la foresta, la violenza del controllo machista si rivela un’illusione. La talentuosa regista messicana Yulene Olaizola modella con consapevolezza un fine disegno panteista, in cui collega sesso e natura, oppressione e sfruttamento, orchestrandone sapientemente i fili in una trappola dai contorni magici, transistorica e letale. Un film sul potere devastante del femminino.