Avventura, Fantastico, Horror

FANTASY ISLAND

TRAMA

L’enigmatico Mr. Roarke realizza i sogni segreti dei suoi fortunati ospiti in un lussuoso ma remoto resort tropicale. Ma quando le fantasie si trasformano in incubi, gli ospiti devono risolvere il mistero dell’isola per fuggire e salvare le loro vite (dal sito ufficiale).

RECENSIONI

Mettiamo subito le cose in chiaro: eccetto che per i produttori – i quali hanno per ora sestuplicato il budget al botteghino – Fantasy Island è senza alcuna sorpresa né possibilità di redenzione un pessimo investimento per chiunque non si accontenti di una sonora dormita sulle poltrone del cinema. Regia maldestra, scrittura incongrua o inconsistente, performance bolse, fotografia televisiva, azione videoludica improbabilmente bacata, denouement a mo’ di spiegone interminabile: si nomini un difetto o un cliché e probabilmente se ne troverà riscontro, compresa l’aggravante di non raggiungere quasi mai il ridicolo da scult e ristagnare piuttosto nella più noiosa mediocrità. Chi però si fosse recato in sala confidando nel patrocinio della Blumhouse – casa di produzione dal rispettabile catalogo di confezioni orgogliosamente b-movie celanti non scontate e spesso lucide letture della contemporaneità (Auguri per la tua morte o Cam, senza scomodare Scappa – Get out) – forse non vedrà ogni suo desiderio realizzato, ma non tornerà a casa completamente a bocca asciutta.
Carsicamente come l’acqua che esaudisce i sogni più reconditi, affiorano infatti caratteristiche spiccatamente Blumhouse, senza però alcun criterio apparente che permetta la trasmissione di spunti veramente sensati e tra loro coerenti, lasciando dunque un’impressione di posticcio e gratuito. Il momento del loro riconoscimento è tuttavia probabilmente il miglior intrattenimento che il film ha da offrire e pertanto – quasi come in un drinking game (evidentemente non di acqua dei desideri, vista la qualità del film) – ecco il nostro risultato:

*Il film è ricorsivo: Rourke, il padrone dell’isola, si è recluso in un loop per aggirare la morte della moglie e riviverne però ossessivamente gli ultimi strazianti giorni di vita (Auguri per la tua morte), finché non decide di liberarsene per il bene altrui distruggendo il suo anello a forma di serpente uroboro (che compare anche nel titolo). Inoltre la risoluzione finale si basa su due discese pressoché identiche nella caverna acquatica uterina, dove Portia Doubleday incontra la sua immagine-doppelgänger, che forse si sostituisce a lei (Cam).

*Il film è autoreferenziale, seriale, enciclopedico: tralasciando qualche battutina meta- (ma il “la gente guarda i film horror per provare qualcosa” sa di excusatio non petita), la dichiarazione di autoreferenzialità più manifesta la si fa nell’inquadratura finale e in modo non meno sfacciato di un tatuaggio recitante “Tattoo”. In Fantasilandia, la serie anni ’70 cui il film si ispira, Tattoo era l’assistente di Rourke, e così, raccontando la genesi di questo personaggio, il film rivela in extremis la sua natura di prequel piuttosto che di reboot o remake e mette a nudo una volta di più un meccanismo seriale e ricorsivo ben più conforme allo Zeitgeist contemporaneo. Questo stesso meccanismo tende poi a farsi contenitore o catalogo, con il ventaglio (almeno nell’intenzione) variegato di storie derivanti dalle fantasie degli ospiti – di onnipotenza capitalista e conseguenze tragiche –, di quanti più generi cinematografici di consumo possibili ((b)romance, avventura, guerra, revenge/slasher, spring break(ers)), ricordando in questo il recente e più riuscito Escape Room.

*Il film presenta il consueto annullamento della lotta di classe del cinema classico a favore della lotta tra pari di quello contemporaneo: il vero nemico non è il padrone dell’isola, ma la finta vittima che è pronta a tutto per essere spettatrice delle sofferenze dei suoi compagni.

La nausea sopraggiunge però ben prima della sbronza e dunque non vogliamo spingerci oltre a fantasticare su un film annacquato che probabilmente non merita nemmeno una conclusione poco arguta ma almeno un po’ meta- in calce a questo pezzo.