TRAMA
Una coppia di aristocratici inglesi, i conti di Rhyall, per sbarcare il lunario apre la propria magione ai visitatori. Lei s’innamora di un magnate del petrolio statunitense, lui utilizza una sua ex-fiamma, sempre americana, per riconquistarla.
RECENSIONI
Co-produzione di Stanley Donen e Cary Grant in cui Hugh Williams e Margaret Vyner adattano la loro commedia teatrale in modo poco cinematografico, occludendosi in pochi ambienti oltremodo verbosi. La loro farsa su di una coppia sedotta da un'altra coppia, quindi sul matrimonio, non è neppure irresistibile, compresi i vari dardi avvelenati sulle differenze fra inglesi e americani. Sono strepitosi, invece, gli interpreti, per quanto nessuno di loro fosse la prima scelta del regista (solo Moray Watson ha rivestito il ruolo indossato su palcoscenico): la migliore in campo è Jean Simmons vestita da Dior, ereditiera pazzerella; Cary Grant ben bilancia umorismo e malinconia nonostante il ruolo, pensato per Rex Harrison, non sia il suo ideale; Robert Mitchum fa Robert Mitchum mentre la fedifraga Deborah Kerr ha il carattere più scomodo. Curioso che il testo, forse controverso nel 1960 per il trattamento dell’infedeltà ma senz’altro datato per come descrive i modi britannici (parte del commento sonoro è di Noël Coward), sia colmo di battute sui vezzi della casta nobile e, al contempo, la trama sia un’allegoria dei “danni” cui la stessa va incontro quando apre le proprie porte al volgo dei parvenu.