BIENNALE CHANNEL, Drammatico

THE DOMAIN

Titolo OriginaleA Herdade
NazionePortogallo
Anno Produzione2019
Durata164'

TRAMA

João Fernandes possiede una delle più grandi proprietà fondiarie d’Europa sulla riva meridionale del fiume Tago. Il racconto scava nei segreti della proprietà, rappresentando le vicende del Portogallo a partire dagli anni Quaranta, passando per la Rivoluzione dei garofani fino ad arrivare ai giorni nostri.

RECENSIONI

Lo storico produttore Paulo Branco (Monteiro, Ruiz, de Oliveira) punta su A Herdade di Tiago Guedes, melodramma che attraversa la Storia portoghese del Novecento: dalla dittatura di Salazar alla Rivoluzione dei garofani del 1974, per poi muoversi a ellissi nell’arco degli anni fino al 1991. Il passaggio nel tempo avviene per interposto personaggio: il proprietario terriero João Fernandes, incarnato in Albano Jerónimo, che affronta l’evoluzione storica, politica, economica e sociale dello Stato. In verità il prologo è ambientato nel 1946: il piccolo João osserva il corpo del fratello impiccato a un albero e il padre impartisce una lezione, indimenticabile, sul “pericolo” della debolezza. Sarà la consegna di un’intera esistenza: da possidente orgoglioso e inflessibile, l’uomo rifiuta di piegarsi al dettato della politica e respinge lo spirito del tempo. Dice il regista: «La ‘herdade’ (la tenuta), che ha origine dal latino ‘hereditas’, è un regno dominato da un uomo carismatico e progressista, in un Paese sottoposto a una dittatura fascista (...). Il luogo è una metafora di ciò che accade al protagonista. Sia la proprietà che l’uomo, entrambi inizialmente grandiosi, con il passare del tempo sono inevitabilmente destinati a scontrarsi con i venti del cambiamento, a rivelare imperfezioni e zone grigie».

È così che João ci viene presentato come tenace resistente al regime autoritario, salvo poi, gradualmente, ombreggiare la sua figura rendendola più problematica e crepuscolare. La scena dell’uomo che penetra nella stanza della domestica segna una svolta: chiarisce che da una parte c’è il personaggio pubblico, dall’altra quello privato che esercita il potere su donne, figli (legittimi e non), di fatto “domina” la sua stessa famiglia riflettendo la condotta esterna su quella intima. Intorno a lui si dispiega la prole, con un doppio figlio/figliastro opposto e speculare, la figlia e la moglie Leonor interpretata da Sandra Faleiro, donna “prigioniera” del marito che solo alla fine compie un gesto di rottura. La storia si intreccia con la Storia: Novecento è il modello più evidente ma non solo, si prenda anche la traccia - dello stesso regista - che vede João in veste di re e la tenuta come suo regno, destinato a sfasciarsi non per un antagonista materiale, bensì sotto i colpi del Tempo e della Storia, che sono i veri “cattivi” della fiaba. La scrittura però avanza per tappe previste e non riesce a ravvivare il genere: presto lampante è l’esito della parabola di João che, al termine del percorso, incontrerà naturalmente la caduta come segno della transitorietà delle cose umane. In concorso a Venezia 2019, A Herdade è cinema popolare portoghese lontano dai grandi autori (oggi Miguel Gomes, Pedro Costa, Rita Azevedo Gomes), che esegue correttamente il suo prevedibile compito, diventando a tratti prolisso e riscattandosi con alcuni squarci visivi: il piano sequenza alla festa, preludio alla rovina del “regno”, e tutta la scena finale.