TRAMA
L’Unione Sovietica invade l’Afghanistan. John Rambo viene incaricato di liberare un soldato statunitense dalle grinfie dei comunisti, ma finisce con lo sposare la causa dei partigiani locali.
RECENSIONI
Fazioso, inverosimile e grossolano nel prendersi sul serio (dedica finale agli afghani compresa), avrebbe dovuto far rivalutare il secondo capitolo, accusato d’atteggiamenti iperbolici e nazionalisti. Qui si spende di più e si uccide di più con azioni ancor più sovrumane (vince la scena con lo spuntone estratto attraversando il corpo e cauterizzando le ferite con la polvere da sparo), per non parlare delle battute che rincorrono l’epica lapidaria e trovano il ridicolo. Rambo, nonostante il prologo pio e messianico, è solo una macchina da guerra, i cattivi da debellare sono i demoni dell’Inferno ed è scontato quale sia la giusta causa e i modi per ottenerla. A prescindere dalle motivazioni che muovono il protagonista, le scene d’azione avrebbero dovuto essere credibili ed elettrizzanti come in Rambo 2 ma la messinscena, nel non conoscere i propri limiti narrativi e quelli di qualsiasi essere umano (Rambo vs. un intero esercito), non ha ritegno. Sarà il frutto di una cattiva stella sotto cui è nato il film, affidato a Russell Mulcahy, licenziato (insieme al direttore della fotografia e a due montatori) per differenza di vedute con Stallone e sostituito dal regista della seconda unità di Rambo 2, Peter MacDonald. La star muscolosa avrebbe dovuto ingaggiare John Carpenter: sarebbe andato a nozze con le matrici western e la parodia (qui involontaria). Al tempo, è stato classificato come il film più violento della Storia del Cinema.