TRAMA
In una cittadina di provincia del Kansas, giunge un bel vagabondo in cerca di lavoro presso un amico, fidanzato ad un’avvenente giovane. Scoppia lo scandalo quando il paese, radunato per un picnic, scopre che lo straniero e quest’ultima si sono abbandonati alla passione.
RECENSIONI
Tratta dal dramma teatrale premio Pultizer di William Inge, che il semi-esordiente (al cinema) Joshua Logan aveva portato sulle scene, è un’opera che fece scalpore, ancora oggi attuale per quanto allora era spregiudicata nel feroce studio sociologico dell’ordinata e ipocrita vita di provincia e, soprattutto, nell’esplicita componente sessuale, mostrata attraverso il fascino che esercita, con visione antropologica, lo “stallone” scapestrato su di un branco di femmine represse dalle regole sociali e dal giudizio della comunità. Non era certo la prima volta che un film degli anni cinquanta affrontava questi temi, ma nessuno con meno tatto e più potenza. William Holden, iconico a torso nudo, attira lo sguardo di una maestra zitella, tanto frustrata che arriverà, sotto l’effetto dell’alcol, ad avvinghiarglisi strappandogli la camicia: una delle sequenze più ardite, in un film che racconta, anche, i primi pruriti erotici di una ragazzina, l’invidia vendicativa degli altri maschi e (con gag esilarante) di un commerciante “costretto” al matrimonio. Lo scandalo riprovevole diventa catalizzatore e rivela il marcio dei puritani, smascherando la finta patina di serenità: l’altare alla verità è un picnic di paese durante la Festa del Lavoro (Halloween nella versione italiana). Grandi interpreti e grandissima messinscena di Logan, con il direttore della fotografia James Wong Howe che s’ispira ai quadri di Hopper: con l’assunto feroce che si condanna il peccato che non si riesce a consumare, Logan restituisce famelici sguardi femminili, la sensualità animalesca (la svestizione negli spogliatoi) e passionale (magnetismo alle stelle durante il ballo passato alla Storia), la festa in pillole con sarcasmo (giochi, canzoni, discorsi di politici e pernacchie dei bebè), le differenze (di classe sociale, di bellezza, di spirito giovane e calcolo adulto). Libera dai cliché di ruolo la donna, sparge fiumi di sana cattiveria e poi mitiga con un lieto fine sentimentale assente a teatro: ma il “danno” è fatto.