Mélo, Recensione

VENERE BIONDA

Titolo OriginaleBlonde Venus
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1932
Genere
Durata97’

TRAMA

Un chimico statunitense conosce e sposa, in Germania, una donna di cui è molto innamorato. La porta in patria ma resta contaminato con degli agenti chimici e lei, per pagargli le cure, inizia ad esibirsi in un night club.

RECENSIONI

Il genio visionario di Josef von Sternberg ancora al servizio del fascino androgino dell’adorata (fuori e dentro il set) Marlene Dietrich, che si esibisce in due dei suoi numeri musicali più noti, quello lunghissimo con gorilla (Hot voodoo) e quello in tight bianco (I Couldn’t be annoyed). Come spesso, purtroppo, sono la drammaturgia e la scelta dei toni per il racconto a convincere poco: il melodramma, tragico, avrebbe tutte le carte in tavola per intrigare ed essere struggente come nel meraviglioso L’Angelo Azzurro ma l’autore sceglie un’esposizione lieve, quasi sospesa-onirica, sicuramente frammentaria in cui le svolte patetiche stonano e il ridicolo involontario fa spesso capolino con questi modi mitopoietici e/però aderenti alla realtà dei sentimenti. Il risultato è paradossalmente tedioso, nonostante gli ingredienti bizzarri (vedi anche l’incipit con Dietrich al bagno in un laghetto: la venere bionda). L’estro registico, la finezza della messinscena e il kitsch sublime del regista sovrastano gli affondi della produzione che ha censurato ed edulcorato il materiale, imponendo anche una chiusura lieta improbabile.