TRAMA
L’architetto Vanzi è in carcere, in attesa di giudizio, per aver investito un uomo con l’autovettura. Scopre che, per sopravvivere in prigione, deve compiacere un personaggio potente che manovra detenuti e autorità attraverso favori e minacce.
RECENSIONI
Uscito lo stesso anno di Detenuto in Attesa di Giudizio, più potente, agghiacciante e kafkiano j’accuse al sistema carcerario-burocratico, il film di Damiano Damiani trae ispirazione dal libro autobiografico “Tante sbarre” di Leros Pittoni e aggiunge un tassello al proprio corpus filmico insieme politico e popolare, dove convogliano atto di denuncia e facili stilemi spettacolari, previa abilità nel far immedesimare lo spettatore in protagonisti senza via di scampo, uomini rispettabili in un ‘cul de sac’ che vuole essere, anche, esemplificativo della mentalità italiana. Una mentalità irrimediabilmente mafiosa a tutti i livelli, stando a quanto dice quest’opera: il “boss” di Claudio Nicastro è il sotterraneo burattinaio del carcere, al servizio di logiche politiche superiori. Da una parte c’è il dramma del borghese e “civilizzato” (la cui innocenza non è data per assodata, conta poco in tale quadro corrotto) che viene gettato in un universo sconosciuto, ostile, con regole manifeste e non dette schiaccianti; dall’altra il film politico su di un Sistema che vive di favori e criminalità, oppressione e dissuasione: il mefistofelico “boss” colpisce gli esseri umani nei punti deboli, offrendo al contempo una panacea con il potere conferitogli dalla politica corrotta. Compra o incastra tutti: chi non si piega deve morire (il “comunista” di Cucciolla contro uno scandalo stile Vajont). Damiani si concede qualche effettismo ammiccante di troppo fra erotismo (la bella detenuta che si offre smaniosa a Franco Nero) e violenza con sangue in vista, fra macchiette da commedia all’italiana (il killer scoreggione, la vecchia checca) e una voglia di urlare i concetti che dimentica il realismo (la terribile parte finale in yacht, compresa la scena in cui la moglie del protagonista ringrazia la santa donna che se l’è scopato), ma il suo cinema di genere impegnato è qualcosa di cui deve andare fiero.
