Biografico, Recensione

LA LOCANDA DELLA 6ª FELICITÀ

Titolo OriginaleThe inn of the Sixth Happiness
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1958
Durata158’

TRAMA

Gladys Aylward, pia cameriera, desidera fare la missionaria in Cina: non glielo consentono e, nel 1930, intraprende il viaggio con i suoi risparmi, giungendo nel piccolo paese di Yang Cheng dove finirà per gestire la locanda di un missionario, facendosi amare dalla gente locale.

RECENSIONI

Se si prende come fiaba o parabola di buoni sentimenti cristiani, è una pellicola accettabile, previa amnesia di ciò che segue i primi, convincenti tre quarti d’ora, cioè una sequela di passaggi pesanti, pedanti e ammiccanti, tratti o meno che siano da una storia realmente accaduta (insita nella biografia “The Small Woman” di Alan Burgess, uscita l’anno prima). Comunque, Robert Donat (deceduto prima dell’uscita del film) e Ingrid Bergman valgono la visione, perché con i loro simpatici personaggi riescono davvero a farsi amare (anche) dagli spettatori. C’è da chiudere un occhio anche sul vezzo hollywoodiano del whitewashing (Curt Jürgens, nella finzione, ha un padre olandese e ci può stare. Donat, invece, interpreta il mandarino) e sulle logiche divistiche (la “piccola donna” del romanzo trasformata nella “grande donna” Ingrid Bergman) e romanzate (totalmente diverse le peripezie della vera Gladys Aylward, che protestò per le falsità della traccia sentimentale). Convincente, invece, il lavoro della produzione nel far passare per cinesi i set del nord del Galles. Hollywood non faceva mai nulla casualmente: il successo di Anastasia vede ripetere la formula con Ingrid Bergman, il produttore (Buddy Adler), l’esotismo, l’aggancio a fatti realmente accaduti, la commedia con romanticismo. La canzone “This Old Man”, interpretata da Bill Elliott, fu un grande successo. In DeLuxe Color e CinemaScope.