Drammatico, Sala

LA DOULEUR

NazioneFrancia
Anno Produzione2017
Durata127’
Sceneggiatura
dal romanzo diMarguerite Duras
Montaggio

TRAMA

1944: un ufficiale della Gestapo è ben disposto nei confronti della scrittrice Marguerite Duras, il cui marito è stato arrestato. Membri della Resistenza la incoraggiano ad ottenere informazioni, mentre gli Alleati avanzano.

RECENSIONI

Una riduzione del romanzo Il Dolore (1985) in cui, così vicino così lontano, si respira Marguerite Duras in ogni dove, nei passaggi che descrivono moti, pensieri e azioni non omologate, nella voce fuori campo che richiama (insieme con sfocature, note dissonanti, riflessi, overlapping, Alain Resnais) lo sperimentalismo della regista quando tentava di doppiare e surclassare il rappresentato, nel senso ultimo dello iato (riprodotto con lo sdoppiamento dell’attrice) fra dolore percepito e raccontato, fra scrittrice e lettrice, fra presente e sua memoria. Anche il film si sdoppia: da un lato l’aderenza all’emozione del dolore (e) dell’attesa, dall’altro la divergenza non quale artificio linguistico meta-riflessivo, ma quale rappresentazione multiforme del senso di distacco (che sia una necessità o il risultato di una lettura a distanza del proprio Io). Aderenza previe meravigliose prove attoriali, con Mélanie Thierry in preda ad emozioni contrastanti, fino a quel pianto agonizzante, straziato dal vedere/non vedere il marito. Divergenza che esprime le varie gradazioni del sentimento del titolo (dal “Mi vergogno di vivere” al “Non soffro più, non esisto più: perché aspettarlo?”) e restituisce, al di là di forme e soggetti, la grandezza di una scrittrice che non temeva la schiettezza di sentimenti anticonvenzionali, scomodi cioè veri. In questo senso, è splendido il brano nel ristorante con Duras e il “poliziotto” Raber, in cui si abbassano le saracinesche per l’incursione aerea, si crea un attimo fuori del tempo e, contro ogni aspettativa, scatta il bacio seguito dalle rimostranze. Se la Duras è la cesellatrice del non detto e indiretto, Finkel lo rende intellegibile in modo encomiabile: non gli riesce altrettanto bene la chiusura, devastante nelle sue implicazioni sui legami affettivi, sull’amore del dolore che supera quello del soggetto che lo provoca, sulla fine di uno stato in cui la libertà del mondo non si specchia in quella personale. È più enigmatica del dovuto, con una rivelazione che rivendicava più avvisaglie (analisi, articolazioni) preventive.