TRAMA
Per eliminare la concorrenza nel campo dell’informatica, il russo Max Zorin vuole provocare un terremoto nella Silicon Valley.
RECENSIONI
Il settimo e ultimo Bond di Roger Moore, ormai cinquantasettenne, appare come sbiadito clone di formule collaudate: è evidente che gli sceneggiatori Michael G. Wilson e Richard Maibaum, che di Ian Fleming prendono a prestito solo il titolo originale di un suo racconto, non sanno più cosa inventare, soprattutto in zona humour, e si affidano alla confezione glamour, a una trama intricata, alla tecnologia (lo Skyship 500) e alle abilità di altri reparti della produzione (stunt spettacolari, effetti speciali). Una novità ci sarebbe, e ha fatto storcere più di un naso (quello di Moore compreso): la violenza ad opera del villain di Christopher Walken (che fa massacri), più psicopatico che pittoresco antagonista, e che preannuncia il netto cambio di marcia che ci sarà con l’ingaggio di Timothy Dalton (007-Zona Pericolo). Resta da godere il superlativo cast, con i ‘malvagi’ interpretati da Walken (in un ruolo offerto a David Bowie) e l'androgina Grace Jones (con fidanzato Dolph Lundgren che finisce sul set), e con la bellissima (ma inane) Tanya Roberts come Bond-girl. Il film è un divertente giocattolo portato a termine con mestiere (e piede insolitamente sull’acceleratore) da John Glen, girando anche in Islanda (la scena prima dei titoli, ambientata in Siberia), Svizzera, Torre Eiffel con strade parigine e Golden Gate (spettacolarmente intercettato dal dirigibile di Zorin). Title-track di successo eseguita dai Duran Duran, critica fredda, pubblico caldo.