TRAMA
Jacques è un noto giornalista e reporter di guerra. Ancora molto scosso per la morte di un suo collega e grande amico, riceve un giorno una telefonata che mai si sarebbe aspettato: un vescovo vuole parlargli; Jacques lo incontrerà in Vaticano e, nonostante i tanti dubbi, accetterà infine la sua proposta. Si ritroverà, così, a far parte di una commissione d’inchiesta canonica per cercare di comprendere un fenomeno che ha per protagonista una ragazza di 18 anni, Anna, novizia: dice di aver visto la Madonna, evento che in poco tempo ha trasformato quell’anonimo paesino della Francia sud-orientale in meta di masse di pellegrini. Venire a capo di tutto, però, non sarà semplice per Jacques, e anche i confini tra il “giornalista” e l’”uomo”, allora, si faranno più labili…
RECENSIONI
«Non riusciremo mai a rispondere al quesito sul senso della nostra vita attraverso algoritmi, smartphone, promesse economiche o illusioni politiche». Le parole di Xavier Giannoli sono coerenti rispetto a un film come L’apparizione, e allora non è forse un caso se, qui, Google, Wikipedia, YouTube, cellulari che tentano di raccogliere tracce, indizi, rivelazioni coi loro obiettivi fotografici, tornano di frequente: motori di ricerca di misteri magari intrecciati, archivi audiovisivi dai quali pescare un frammento che possa consegnare la verità, o almeno una parte, "internet" come parola-mondo che spesso fa capolino nei dialoghi. Certamente non siamo nei paraggi di una teoria dello sguardo - qualcosa che il titolo del film potrebbe suggerire - né, dall'altra parte, di un commento dimostrativo e didascalico, a base di realismo essenziale e intimista, quieto, (auto)riflessivo sullo stato delle cose; si tratta piuttosto di una microcornice narrativa secondaria, di una disseminazione piana, di una messa in forma quasi alternativa, o tangenziale, in un un'opera che, al contempo, pare volersi autodeterminare come sistema fatto di piccole e grandi soglie: soglie emotive, piccoli e grandi spostamenti di senso e di discorso. E se le «promesse economiche» o le «illusioni politiche» restano fuori, ad apparire è, invece, lampante, l'idea di una rappresentazione e di una narrazione che possano stratificare o quantomeno sdoppiare le traiettorie sottese alla mera trama, anche al di là delle diramazioni di genere, dei meccanismi del giallo e della scrittura delle psicologie, del rigore essenziale di regia.
Ecco perché Jacques (Vincent Lindon) e Anna (Galatéa Bellugi) sono poli opposti, ma più vicini che contrari, ecco perché il protagonista - che, come dice il regista «non è né un bigotto, né un ateo cinico, è solo un uomo libero che vorrebbe districare il vero dal falso» - è un giornalista ma si perde, e smette di essere lì solo per lavoro, perché la "scoperta", l'indagine, deve essere necessariamente, e sarà, anche svelamento di se stesso, un se stesso inesatto, parziale, frammentario, fino alla fine, anche se non metterà più cartoni alle finestre come prima per proteggersi, anche se il dolore all'orecchio un giorno magari scomparirà del tutto. Un film che si costruisce nella ricerca di lui e negli occhi e nei movimenti di lei, nelle sue preghiere e nelle sue fughe, anche quando il sacrificio reale, segreto, quello rivelato infine allo spettatore, riunirà l’efficace soluzione di scrittura e la forma politica del racconto. Non un film sul vero e sul falso, né sulla loro coesistenza e ibridazione; non una tesi sulla fede né su cosa non lo è (perché nei suoi confronti estraneo o, al contrario, manipolatorio); piuttosto un'opera che intende porsi, insieme, in un prima e in un dopo rispetto a certi temi: un film sul dubbio, sulla impossibilità di definire margini, di stabilire significati, l’esattezza delle cose. Un film - e questo può piacere oppure no - contro nessuno (nemmeno verso i personaggi più ambigui; e anche il pullulare di statuette e madonnine, di gadget commerciali e immagini che riproducono Anna Assorta con mani unite in preghiera da vendere ai pellegrini ambulanti o raccolti, resta più questione funzionale al racconto che punto di vista, posizione). Un film "calcolato" e allo stesso tempo contemporaneo, un film probabilmente fatto bene più che essere davvero interessante, un film che riesce a far immaginare ciò che sarebbe potuto essere e che invece non è, che appare anche per quel che non ha: ma non per forza si tratta di dicotomie e contrasti netti e insanabili. Forse la verità sta nel mezzo.