TRAMA
1634, America del nord: il gesuita LaForgue, con un gruppo d’indiani Algonquin, si inoltra nel cuore vergine delle foreste del Quebec per convertire le tribù Huron.
RECENSIONI
L’australiano Bruce Beresford, per continuare a trattare il tema prediletto dei conflitti interculturali, torna al cinema storico e in costume raccontando il periglioso viaggio di un “manto nero” (un gesuita) in questa co-produzione canadese-australiana (la prima della storia) sulla scia di Mission. Splendidi gli scenari naturali e le annotazioni del ramo antropologico, accurata la ricostruzione storica (i francesi parlano inglese, ma lingua latina, Mohawk, Algonquin e Cree sono preservate con sottotitoli) e sapide certe riflessioni della sceneggiatura di Brian Moore (da un suo romanzo). Il racconto è coinvolgente, diviso fra spirito e carne, schierandosi senza forzature contro l’etnocentrismo occidentale in un viaggio dalle alte speranze dell’idealismo e del fervore alla desolazione di detriti cristallizzati nel ghiaccio. Capace messinscena del regista, con passaggi emozionanti, senza ipocrite omissioni, con immagini anche crude che sono senz’altro più spettacolari, ma infine più efficaci, dei troppi “veli pietosi” del cinema religioso del passato. L’unica pecca alberga nella drammaturgia, in alcuni suoi passaggi poco chiari. Cosa di poco conto in una pellicola riuscita e ingiustamente dimenticata. Convincente Lothaire Bluteau (Jesus of Montreal).
