TRAMA
Jake è un ragazzo della New York di oggi tormentato da sinistri sogni, in cui vede un malvagio uomo in nero, un eroico pistolero e una torre nera sotto attacco. Gli incubi gli ispirano numerosi disegni, ma a dare loro concretezza è la coincidenza tra gli attacchi alla torre e i terremoti che si verificano a New York.
RECENSIONI
Ci risiamo, la febbrile corsa al blockbuster made in Hollywood non vuole placarsi, continuando a profittare della sua musa per eccellenza, aka Stephen King, per dare il via all'ennesima megaproduzione. Per la serie "squadra che vince non si cambia", ecco l'ultimo ambizioso progetto della Warner Bros: trasporre una delle saghe fantasy più acclamate dell'autore-feticcio, riassumendola in un solo film. Le premesse erano più che incoraggianti: soggetto illustre, cast stellare, produttori di prim'ordine (in primis Ron Howard e lo stesso King), e concept amarcord (un miscellaneo di western e back to the '80s), che tanto piace ai nostalgici quanto alle nuove generazioni. Ma questo mélange artistico mette a dura prova il regista danese Nikolaj Arcel, che si reinventa impacciato giocoliere, costretto a destreggiarsi con talmente tanti birilli, da ritrovarseli tutte in testa; apprezziamo innanzitutto l'impavido tentativo di ridimensionare la durata del genere a soli 95 minuti (contrastando lo standard attuale dei 120), ma la sensazione è quella di voler spingere dentro a forza un cammello nella cruna di un ago: compendiare otto romanzi in un'ora e mezza significa menomare un complesso e fascinoso unverso sci-fi, offrendone una stilizzata e manichesitica versione Bignami, in cui la rinforzata cesura tra bene e male azzera ogni sorta di suspence. Questa ipercompressione del materiale narrativo si traduce in un lacunoso e caotico collage fantascientifico, accelerato a tal punto da renderne difficile la fruizione. Lo schema (snaturato) sa di già visto: Jake (Tom Taylor), adolescente mingherlino ed introverso (controllate gli eventuali cicatrici sulla fronte), è in preda ad oscure e spaventose visioni, che ben presto iniziano ad avverarsi. A correre in soccorso del giovane protagonista sarà il pistolero Roland (Idris Elba), proveniente dal Medio-Mondo: il suo compito, quello di proteggere Jake dal malvagio stregone Walter (Matthew McConaughey) che, impossessandosi delle abilità del ragazzo, mira alla distruzione della Torre Nera.
La storyline soffre della mancanza di un build-up preliminare, che inizi lo spettatore all'onnicomprensione della vicenda, somministrata, invece, in raffiche frenetiche e decontestualizzate. Troppe le risposte mancate a domande che il pubblico ha appena il tempo di formulare. Conseguenza diretta di una sceneggiatura lacunosa e fin troppo ermetica, il ritmo incostante: funamboliche ellissi, omissioni narrative e sequenze marginali incomprensibilmente dilatate, appesantiscono un intreccio dal passo alterno e confuso. Una volubilità d'impianto che non valorizza l'apparato estetico-scenografico, ridotto a dimenticabile cornice (nonostante l'oneroso investimento in CGI), a tratti dozzinale e dal poco mordente. Compito del super-cast impedire il completo naufragio: il duo Elba-McConaughey contrasta il dimenticabile background di inserimento, con caratterizzazioni sì canoniche, ma mai banali; l'attore inglese veste egregiamente i panni di un burbero e silente giustiziere dal cuore d'oro, mentre il premio Oscar si riconferma artista poliedrico e malleabile, prestando il volto ad un carismatico villain dalla feroce eleganza, capace di carpire l'attenzione dello spettatore, persino quando non è in scena. Poche giustificazioni, con The Dark Tower il colosso Warner ha fatto il passo più lungo della gamba e, seppur sia facile immolare il povero Arcel ad agnello sacrificare di questo semi-flop, tacciandolo di inesperienza e cattivo gusto, le cause del fallimento sono da spartire equamente tra i reiterati cambi di poltrona in fase di pre-produzione, il pressapochismo in cabina di montaggio, e la tracotanza di spremere una collana di bestseller in un minutaggio, più adatto ad un film dei fratelli Wayans. (Tutto il resto è) Noia.