Recensione, Thriller

4 MOSCHE DI VELLUTO GRIGIO

TRAMA

Roberto è un batterista che, durante una colluttazione con un uomo che lo perseguita, accidentalmente lo uccide. Un misterioso uomo ha fotografato l’evento e uccide le persone intorno a lui.

RECENSIONI

Dario Argento continua nell’originale connubio di giallo e terrore che decretò il successo del suo esordio. L’intreccio e le invenzioni hanno fatto scuola (soprattutto negli Stati Uniti), confermando la nascita di un talento internazionale del genere. Visivamente spesso geniale (più che nei capitoli precedenti, Argento gioca con la macchina da presa e le fantasie compositive, coadiuvato dalla notevole fotografia di Franco Di Giacomo), costruzione della paura magistrale (hitchcockiana ma più nevrotica e sfrenata), cadenzata sulle note di Ennio Morricone. Scritto con il “fanzinaro” critico del fantastico Luigi Cozzi (e i dialoghi non sono granché), è allucinato, con incubi che introducono il cinema del maestro nei territori ultraterreni che frequenterà in futuro, con tracce ironiche inedite attraverso i personaggi di Bud Spencer e Oreste Lionello. Il finale, girato sperimentalmente con macchina ad alta velocità, è un portento nella sua spiegazione (fanta)scientifica.