Azione, Recensione, Storico

300 – L’ALBA DI UN IMPERO

NazioneU.S.A.
Anno Produzione2014
Durata104'
Fotografia
Montaggio
Musiche

TRAMA

Durante la battaglia delle Termopili, Temistocle guida la flotta ateniese contro quella persiana. Ma il peso specifico della trama è relativo.

RECENSIONI

sequelprequel, il nuovo 300 è evidentemente un sidequel, visto che racconta 'il frattempo' della battaglia delle Termopili. Non è una considerazione scontata. O meglio, lo è, ma spiega (rectius: giustifica) l'omologia tra questo e l'altro 300. L'alba di un impero spinge, anzi, sull'acceleratore dell'estetizzazione e del parossismo. Vi si ritrovano, ad esempio, la stessa iconografia camp a un passo dall'autoparodia e gli stessi addominali bisunti, inseriti in un contesto digitale palesemente falsificato, a comporre quadri che sono tavole, con fotografia trattata e viraggi continui, coestensivi al film. L'impatto visivo è estremamente artificiale e l'iperrealismo finisce per fondersi e confondersi con l'irrealismo più estremo. La narrazione è ancora più sentenziosa, progredisce per epigrafi e frasi (non solo in voice over) altisonanti. E ci sono (fortunatamente) minori escursioni nella drammaturgia Gladiatorista e nelle inutili derive realpolitik e doppiogiochiste che ammorbavano il primo film. Tutto è finalmente, totalmente superficiale e grossolano, il tronfio trionfo del vuoto digitalizzato, gratuita e autosufficiente esaltazione dell'Onore, della Gloria, dell'Eroismo e della Forza. Cinematografato con uno stile coerente.

Noam Murro veniva da Smart People, commedia-drammatica-intelligente-con-Sarah-Jessica-Parker (ossia Sundance, che non è più il nome di un festival ma di un genere) e compie un'ottima opera di snyderizzazione. Si mette cioè al servizio del bicipite oleoso e restituisce registicamente la vacuità del tutto. Il sangue logaritmico schizza ovunque, fingendo di macchiare un obiettivo che non c'è. La contrazione dei muscoli è mostrata nel suo evolversi anatomico, con continui ralenties che sfociano nel quasi-fermo-immagine; i combattimenti sono intelligibili, chiari, sbattuti in faccia con piani sequenza 'minimi' che ne incoraggiano la decifrazione precisa e puntuale. E' la fiera del kitsch e della dismisura, della mancanza di tatto, del patinato che contamina lo splatter fino alla (ef)fusione, della sequenza assurda quanto divertente e ben coreografata (il 'lanciatore del martello infuocato' che si infiamma a sua volta e innesca un doppio ritorno di fiamma esplosivo). Una perenne sfida al ridicolo, un invito sfacciato a fare del sarcasmo, l'estorsione continua del ghigno sottobaffesco.

Se accettarla o no, questa roba, o se definirla semplicemente robaccia, è (la solita, patetica) questione di gusti. Io ci ho trovato una sua coerenza. Una sua forza, quasi. Un giro sull’ottovolante della cafonaggine e della mancanza di buon senso. 3D pleonastico, come tutto il resto.

Promette bene il graphic novel “Xerxes” di Frank Miller, sulle cui bozze la produzione (fra cui Zack Snyder, anche sceneggiatore) ha lavorato per dare un seguito a 300, film che, piaccia o meno, ha fatto moda (ma anche scuola) con i suoi stilemi (vedere, ad esempio, il serial Spartacus da cui s’è prelevato Peter Mensah in ruolo simile): che si pieghi la Storia all’epica di libertà e democrazia e alla stilizzata grafica di sangue non deve scandalizzare, quel che conta è cosa e come lo si racconta. Le genesi di Serse (sbrigativamente trattata nel prologo) e di Artemisia sono eccitanti, ancor più il rapporto sadomaso, di sesso e spade, fra Artemisia e Temistocle. Sono il sale della vita, oltre al concept grafico giocato sul mare (e non sulla terra come il precedente), di cui può usufruire il regista Noam Murro, esperto di linguaggio pubblicitario. Ma sono anche gli unici ingredienti felici in una drammaturgia rovinosa, disordinata nell’enunciare gli eventi (oltremodo affidati all’Io narrante di Lena Headey de Il Trono di Spade, nel ruolo della regina Gorgo), con andamento sussultorio che va dal citato prologo precipitoso a vari pistolotti artificiosi (vecchio vizio U.S.A.: fare di qualunque nazione del passato uno specchio dell’America auspicata nel presente), con personaggi anche insulsi (il giovane guerriero ateniese) e con una logorrea (sempre aulica) sconosciuta al film di Snyder, più sperimentale nel tentativo di restituire per immagini il fumetto. Non passano due secondi senza un ritocco digitale (anche durante un semplice dialogo, ci vogliono i pulviscoli): la produzione ha girato l’intero film con la tecnica del green screen in sei teatri di posa nella bulgara Sofia. Intriganti le tattiche militari e la sexy, temibile villain di Eva Green.