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TRAMA
In un paesaggio di campagna nella provincia francese avviene una notte l’incontro casuale tra Marc e Sylvie. Parlando di tutto tranne che di se stessi, Marc e Sylvie passano alcune ore insieme scoprendo una forte intesa reciproca. Prima che Marc salga sul primo treno della mattina verso Parigi, i due si danno appuntamento nella capitale qualche giorno dopo. Eventi casuali fanno sì che solo Sylvie possa presentarsi all’appuntamento. Marc però non si dà per vinto e si mette alla ricerca della donna, senza ottenere successo. Durante le sue ricerche Marc conosce un’altra donna che scoprirà essere la sorella di Sophie.
RECENSIONI
L’artificio narrativo di Jacquot impone la sua logica, non cerca giustificazione agli intrecci, creandoli brutalmente: l’incontro iniziale va oltre la letteratura, è invenzione pura. Marc e Sylvie scommettono sul caso e sull’appuntamento futuro (Un amore splendido, Leo Mc Carey, 1957) e, non scambiandosi il numero telefonico, si condannano al melodramma: il male al cuore, non è solo affare di sentimenti, è cardiaco in senso stretto, e il malore dell’uomo fa abortire l’incontro. Di lì lo sviluppo perverso del gioco di destini che comporterà felicità fittizie (la relazione tra Marc e Sophie), scoperte dolorose (il dubbio si diffonde via Skype, la rivelazione definitiva da una foto appesa al muro), decisioni da prendere, sofferenze incrociate, tragedie a orologeria. Lo schema classico prevede allora feticci (l’accendino), tormento tutto borghese che si muove nel perimetro di un’elegante villa, madri sfingiche che hanno capito tutto dall’inizio (mamma Deneuve che interviene nell’evoluzione degli accadimenti una sola volta - «Lasciala stare» -), una voce fuori campo che narra con distacco quanto va accadendo («Per non dare al film sempre e solo il tempo dei sentimenti» ha detto il regista in conferenza stampa).
In questo esercizio retro l’incontro iniziale è allora una ferita che non si rimargina, la scintilla che appicca un incendio che stenta a spegnersi e il cui ardere è sottolineato dal registro grave della colonna sonora: dalla passione non si esce, il sentimento è tenace più di ogni cosa. E la possibilità del lieto fine negata dalla sua rappresentazione fantasiosa: raccontiamoci come poteva andare, frustiamo/frustriamo il pubblico senza pietà. E senza pudore.
3 coeurs si amerà per la sfrontatezza quasi lelouchiana con la quale gioca con il mélo classico e il registro melenso (Benoît Poelvoorde, improbabile oggetto del desiderio), per certe finezze di scrittura, per come combina feuilleton e dramma psicologico, lo si detesterà per i medesimi motivi, trovando, in quelle sublimi esagerazioni la perdita di ogni misura.
Si dirà che è tutto morto lì dentro. O che è tutto vivo, per miracolo.
