Drammatico, Sala

20 SIGARETTE

NazioneItalia
Anno Produzione2010
Durata94'
Tratto dadal romanzo “Venti sigarette a Nassirya” di Francesco Trento e Aureliano Amadei

TRAMA

Novembre 2003: Aureliano è un ragazzo di 28 anni come tanti, precario nel lavoro e nei sentimenti. Riceve l’offerta di partire subito per lavorare come aiuto regista alla preparazione di un film che si svolge in Iraq, al seguito della “missione di pace” dei militari italiani. Nonostante le critiche degli amici, tra cui la sua “amica del cuore” Claudia, e la preoccupazione dei suoi familiari, Aureliano parte per l’Iraq. Al seguito di Stefano Rolla, il regista che lo ha coinvolto con la sua passione per il cinema e il suo entusiasmo per il lavoro e per la vita, Aureliano non fa in tempo a finire un pacchetto di sigarette che si ritrova, come protagonista, al centro della tragedia dell’attentato alla caserma di Nassirya del 12 Novembre 2003.

RECENSIONI


La strage di Nassirya del 12 novembre 2003, in cui morirono 19 italiani, raccontata senza filtri da chi quegli avvenimenti li ha vissuti in prima persona. Il regista, Aureliano Amadei, è infatti l’unico italiano sopravvissuto all’attentato, finito in Iraq quasi per gioco per coltivare la sua passione per il cinema al fianco di un amico film-maker. A distanza di sette anni, e dopo un libro scritto con Francesco Trento (“Venti sigarette a Nassirya”), la verità di quei tragici eventi viene affidata al cinema. L’incipit ha i toni della commedia, una giovinezza da anarchico e antimilitarista, qualche amore non troppo impegnativo e la convivenza con una madre non poi così assillante. Sono molti i preconcetti del giovane sul mondo militare prima di scendere direttamente in campo e di imparare a conoscere ciò che regole e divise rischiano di non far emergere. Ma il protagonista non riesce nemmeno a fumare le 20 sigarette del titolo perché in poche ore la sua vita cambierà per sempre. La sequenza dell’attentato, che ricorda la claustrofobia di Lebanon di Samuel Maoz per la soggettiva impossibilità di capire cosa stia effettivamente accadendo, punta a destabilizzare e ci riesce. Il post ha invece un sapore più televisivo nel modo in cui contrappone l’umanità dei personaggi, e le storture dell’opinione pubblica, a toni sdrammatizzanti e tutto sommato rassicuranti, forse più delle intenzioni. Il messaggio arriva comunque forte e chiaro, grazie anche al carisma del protagonista Vinicio Marchioni (già “Il freddo” nella serie televisiva tratta da Romanzo Criminale): non si trattava di una missione di pace ma di una guerra vera e propria; i militari morti non sono eroi da accantonare con qualche medaglia al valore ma persone e come tali, cioè tutelandone la dignità, devono essere trattati; in Italia si sapeva ben poco di ciò che accadeva in Iraq. Con questi punti fermi, ma anche con attenzione alla grammatica del linguaggio cinematografico, Amadei affida quindi alla macchina da presa il ruolo di strumento in grado di tramandare i fatti. Un risultato che si distingue per la corrispondenza tra l’onestà degli intenti e l’incisività delle immagini. Vincitore della sezione “Controcampo Italiano”  al 67° Festival di Venezia.