TRAMA
1977: due anni prima la popolazione terrestre è stata decimata da una guerra batteriologica. L’unico ad essersi vaccinato contro il virus è uno scienziato, ora perseguitato dalla setta di Mathias, composta da uomini all’ultimo stadio della malattia.
RECENSIONI
Piccolo cult del fantahorror dotato di un invidiabile occhio cinematografico nell’immergere in un’atmosfera da incubo, apocalittica, desolata (indimenticabili ed angoscianti gli sguardi su di una Los Angeles deserta). Insolito che, figurativamente, sia il parto di un regista di terza fila abbonato al piccolo schermo, agevolato da una sceneggiatura che, sapientemente, rende più “realistico” (eliminando i “vampiri”, ad esempio) il racconto breve “Io sono leggenda” di Richard Matheson (già trasposto, più fedelmente, da Ubaldo Ragona nel 1963 in L'Ultimo Uomo della Terra). Fra tocchi di classe (il parallelo fra i tasti dell’ascensore e i “fatidici” bottoni della distruzione), simpatiche citazioni (Woodstock ed i suoi messaggi di pace, proiettato in una sala vuota e conosciuto a memoria da Charlton Heston), odori medievali (il fondamentalismo religioso, i roghi per le streghe, la città putrida…), menzioni speciali (a T.S. Eliot, paragonato ad un profeta) ed un potente simbolismo religioso in chiusura (un cristo in croce che lava i peccati del mondo attraverso il suo sangue), la fobia da Guerra Fredda, tipica degli horror anni cinquanta, è filtrata attraverso la controcultura del ’68: i giovani sono il futuro, gli adulti rappresentano una decadente civiltà tecnologica (ma la setta di Mathias potrebbe anche essere letta come allegoria del comunismo…). Non sarebbe un B-movie senza qualche difetto, che riguarda soprattutto le psicologie dei personaggi: la solitudine dell’ultimo uomo, ad esempio, non è restituita con molta sagacia. Ritmo perfetto e grande personaggio (Mathias) per Anthony Zerbe, mentre Charlton Heston (Il Pianeta delle Scimmie prima, 2022: I Sopravvissuti poi) era diventato l’interprete prediletto dalla fantascienza.
