TRAMA
12 uomini variamente disperati devono esprimersi, quali membri di una giuria popolare, sulla colpevolezza di un giovane ceceno presunto omicida. 150 minuti di racconto ed un’intera giornata “di storia” li separano dalla decisione finale.
RECENSIONI
Ispirato ai Dodici uomini arrabbiati (La parola ai giurati) di Lumet, con la questione cecena ad integrare il discorso intorno ai pregiudizi di natura etnica e/o razziale, 12 ha un grande pregio ed un numero imprecisato di difetti. Il pregio: la straordinaria composizione del cast, variamente assortito, di primissimo ordine: Aleksandr Adabashyan, Sergei Artsybashev, Valentin Gaft e lo stesso Mikhalkov. I principali difetti, piccoli o grandi:
1) un meccanismo narrativo prevedibile che, senza una vera progressione, allinea “assoli” di personaggi fondamentalmente monolitici, incarnanti ognuno un vizio o un “valore” della Grande Madre Russia; il tutto suona eccessivametne “costruito” e la dialettica che ne consegue egualmente artificiale;
2) un simbolismo facile ed alcune metafore “frontali”: il fringuello che entra nella palestra dove i 12 sono riuniti per deliberare e che là resta imprigionato; le vecchie tubature arrugginite, vestigia del passato regime;
3) una forma si accattivante, ma leggermente esangue: cinemascope, tonalità pastello per le lunghe sequenze del dibattito ed immagini sgranate per…
4) gli inaccettabili flashback, grondanti retorica e senso di colpa (la retorica come utile, terapeutica “pulizia della coscienza”), ricattatori, incastonati nella dissertazione morale e legale con una rozzezza ideologica ed effettacci degni del peggior Tony Scott.
Accolto con un entusiasmo spropositato, soprattutto da chi non si aspettava un buon film dal regista del Barbiere di Siberia (ovvero, da quasi tutta la critica internazionale)…